Epatite C, in Campania spicca il ‘modello Caserta’

“La maggior parte dei pazienti è proprio tra le persone che hanno avuto esperienza di dipendenza, quindi, bisogna uscire dalle torri di avorio e andare a cercare i pazienti difficili, che non hanno cognizione della problematica, che non sono avvezzi ad avere contatto con un sistema sanitario strutturato e reso difficilissimo, anche per il cittadino comune, dalle burocrazie”. Lo ha dichiarato Vincenzo Messina, Direttore UOC Malattie Infettive AO di Caserta Sant’Anna e San Sebastiano, intervenuto in occasione del corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo incondizionato di AbbVie.
Il corso, dal titolo ‘”HCV, IL RUSH FINALE“: lo stato dell’arte delle conoscenze, delle terapie, delle modalità di accesso alle cure per gli utenti Ser.D.’ che si è tenuto nella Comunità Leo Amici a Valle di Maddaloni (Caserta), rientra nell’ambito di ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.
Grazie al Progetto HAND in questi anni sono stati donati su tutto il territorio nazionale oltre 10.000 test rapidi per la rilevazione dell’infezione da HCV consentendo così lo screening di altrettanti pazienti afferenti ai Servizi per le Dipendenze.Messina: il modello Caserta 
“A Caserta- ha proseguito Messina- abbiamo inventato un modello organizzativo semplificato che si basa su un costo economico zero, sull’aver coinvolto ed entusiasmato tutto il personale sanitario del territorio – medico, psicologico, psichiatrico, generico – dei sei Ser.D. della provincia, delle carceri, delle case di cura e di tutte le strutture sanitarie dedicate all’ospitalità di persone i cui comportamenti possono averle esposte maggiormente al virus dell’epatite C”.Nuzzolo: il paradigma ospedale-territorio 
Ad aprire i lavori Lilia Nuzzolo, Direttore Dipartimento Dipendenze ASL Caserta. “Questa giornata- ha detto- è rappresentativa di quello che è stato il lavoro svolto e i risultati raggiunti che non riguardano solo l’eradicazione della malattia, ma la costruzione di un paradigma ospedale-territorio da tempo auspicato. Noi con questa giornata vogliamo proprio evidenziare la complessità dell’intervento con i pazienti che fanno uso di sostanze iniettive e che non si risolve solo con la cura, ma con percorsi che sono stati tracciati e che ormai diventano facili da attraversare da parte del paziente. Non parliamo solo dei risultati ottenuti prima della pandemia, ma anche di quello che potrà essere un futuro in cui si focalizzi l’attenzione sulla reinfezione e sulla prevenzione di una malattia particolare, silente, che non dà sintomi immediati. Fino ad oggi quello che abbiamo fatto è stato rimuovere le criticità per poi trasformarle nei nostri punti di forza in questo progetto”.Errico: screening nazionale per le classi di età, nei ser.d. e nelle carceri
Raffaela Errico, Dirigente Medico Asl Caserta in distacco presso la U.O.D.02 Prevenzione e Sanità Pubblica della Direzione Generale della Salute della Regione Campania, fa presente che l’epatite virale è un importante problema di salute pubblica, una patologia clinicamente rilevante che richiede una risposta immediata a tutto campo per cui diventa fondamentale la definizione di politiche sanitarie regionali per far emergere il sommerso e, simultaneamente, per garantire l’accesso al trattamento a tutti gli individui infetti al fine di ridurre e/o di eliminare la disomogeneità di accesso su tutto il territorio regionale. Ruolo fondamentale spetta allo screening che la Regione Campania intende realizzare nei prossimi mesi al fine di dare grande impulso agli interventi per l’eliminazione dell’epatite C, con la predisposizione di programmi di intervento per le coorti di nascita identificate dal Decreto Milleproroghe di febbraio 2020, coordinando anche l’attuazione proattiva dello screening nelle popolazioni chiave, tra i tossicodipendenti e i detenuti nelle carceri, superando così le falle organizzative ancora presenti. Lo screening, nel caso dell’infezione da HCV, ha come obiettivo finale ‘la cura’, ossia l’eliminazione dell’infezione che si realizza attraverso un immediato ‘linkage to care’, con la realizzazione di un percorso condiviso e condivisibile con le varie figure professionali competenti in materia, coordinati a livello Regionale. A tal fine è stata istituita una regia ben definita tra la Regione e le Strutture territoriali ed ospedaliere, fondata su tre pilastri: prevenzione e screening, presa in carico, terapia al fine di eliminare il virus secondo i target dell’OMS.
(Dire)
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