Incidente sulla Telesina: a processo i conducenti dei veicoli che travolsero Tuccino

Andranno a processo entrambi gli indagati, ora formalmente imputati, per il tragico e assurdo incidente costato la vita all’appena cinquantaseienne di Pesco Sannita Carminuccio Tuccino Polvere e il grave ferimento della madre.

Dopo tre anni di attesa per i familiari, assistiti da Studio3A, all’esito dell’udienza preliminare tenutasi mercoledì 12 gennaio 2022 in Tribunale a Benevento, il Gip, dott.ssa Loredana Camerlengo, ha accolto la richiesta del Pubblico Ministero titolare del procedimento penale, il dott. Francesco Sansobrino, sostenuta anche dalle parti offese, e ha rinviato a giudizio M. R. D. C, una sessantunenne di San Lorenzello (Bn), e L. M., 59 anni, camionista di Maddaloni (Caserta) per il reato di omicidio stradale: sono accusati di aver “causato in cooperazione colposa tra loro – per citare l’atto del Sostituto Procuratore -, con negligenza, imprudenza e imperizia, nonché in violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale, la morte della vittima”, travolta mentre era ferma a bordo strada col suo furgone dopo un precedente tamponamento, causando gravi lesioni anche alla madre che viaggiava con lui. L’automobilista e l’autotrasportatore, che non hanno chiesto riti alternativi, dovranno comparire per la prima udienza del processo il 19 settembre 2022 avanti il giudice monocratico dott.ssa Simonetta Rotili.

La tragedia si è consumata il 2 gennaio 2019 sulla Statale 372, nella periferia di Benevento. Quel mattino il cinquantaseienne, che gestiva con i genitori, a Pesco Sannita, un’azienda agricola a conduzione familiare, si stava recando al mercato di Benevento per vendere i suoi prodotti ortofrutticoli con il suo Fiat Doblò, a bordo del quale si trovava anche la madre oggi ottantenne, e procedeva da Caianello a Campobasso verso il raccordo con l’A16 quando, al km 68+749, è rimasto coinvolto in un lieve tamponamento con una Fiat Punto guidata da M. C. C., 47 anni, di Alife (Ce): inizialmente, anche quest’automobilista era stata indagata, per la “fermata non regolare” della sua vettura, ma alla fine il PM ha evidentemente ritenuto residuale la sua corresponsabilità sui fatti successivi.

Polvere ha accostato il veicolo il più possibile, sulla striscia stradale destra della sua corsia di marcia lungo il canale di scolo della carreggiata, ed è sceso per scambiare i dati con la controparte e compilare la constatazione amichevole. E’ allora che è sopraggiunto il Daihatsu Therios condotto da M. R. D. C. che, “dopo aver effettuato un sorpasso ed essere rientrata sulla corsia di destra, non adeguava la velocità del veicolo alle caratteristiche della strada, dato che il manto stradale era umido per la presenza di brina notturna e vi era stato spargimento di sale, e non conservava il controllo del mezzo per poter compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza compreso l’arresto tempestivo, non avvedendosi del veicolo di Polvere, pur in condizioni ottimali di visibilità e nonostante la configurazione della strada (in quel tratto rettilineo) permettesse il relativo avvistamento con congruo anticipo” prosegue il Pm, sulla base della perizia cinematica per la ricostruzione della dinamica e responsabilità del sinistro affidata all’ing. Alfredo Carbonelli: contestazioni valide anche per l’altro imputato.

Risultato, il Suv ha urtato violentemente la parte posteriore del Doblò, fermo ai bordi della Statale, innescando l’inferno. Mentre il fuoristrada si ribaltava in centro strada, Polvere e la madre, che erano in piedi davanti al loro veicolo, a causa del colpo subito da quest’ultimo sono stati sbalzati nel vicino canale di scolo. Verosimilmente il cinquantaseienne sarebbe sopravvissuto al primo impatto, comunque determinante nella causazione della tragedia, così come si è salvata la mamma, pur essendo rimasta per giorni in prognosi riservata e avendo riportato traumi pesanti tra cui la frattura del bacino. Il conducente del furgone infatti ha avuto l’ulteriore sventura di essere colpito una seconda e fatale volta dall’autoarticolato Iveco Stralis, con relativo semirimorchio, condotto da L. M., che pure sopraggiungeva nella stessa direzione e che lo ha travolto con lo spigolo della parte anteriore destra, all’altezza del faro e del fanalino, mentre stava provando a rientrare nella banchina stradale risalendo a carponi il canale di scolo: un urto tremendo, che ne ha determinato la morte istantanea a causa delle gravissime lesioni cranio-encefaliche per politrauma da investimento. Anche all’autotrasportatore si imputa di aver proceduto a una velocità superiore al limite massimo consentito di 80 km/h, di non aver adeguato l’andatura alle caratteristiche e condizioni della strada, di non aver conservato il controllo del mezzo così da poter compiere tempestivamente le manovre necessarie in condizioni di sicurezza e di aver colpito la vittima nonostante tutte le condizioni di guida ottimali già osservate che avrebbero dovuto “consentirgli con congruo anticipo l’avvistamento di ostacoli o ingombri prevedibili”.

I familiari della vittima, attraverso il consulente legale Luigi Cisonna, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializza aa livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già chiuso il capitolo risarcitorio per i suoi assistiti, ma ora si aspettano una risposta anche dalla giustizia penale.

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