Mozzarella, scarpariello e polpette di San Paolo: la cucina aversana sfida le tentazioni esterofile

Se una delle icone al femminile del secolo passato come Catherine Deneuve poteva permettersi di dire che “gli italiani nella testa hanno solo due cose e l’altra sono gli spaghetti”, il motivo è insito nel fatto che la tradizione del Belpaese si rispecchia anche nella straordinaria ricchezza della propria cucina.

Il “Macarone” di sordiana memoria provoca e si distrugge metaforicamente con la forchetta, mentre rende irrequieti i sogni di chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena e danza con manciate di libagioni portate avidamente alla bocca quando può godersi i lussi di una ricca scorpacciata come nella celebre scena di Totò in ‘Miseria e Nobiltà’, autentica icona cinematografica della passione italiana per il buon mangiare.

L’Italia tutta vanta del resto una varietà di cibi e una ricchezza di scelta in termini di affettati, formaggi, primi piatti e secondi unica a livello mondiale e che caratterizza ogni angolo della penisola. La Campania non fa eccezione, basti pensare alla pizza margherita napoletana che è forse uno dei simboli dell’Italia tout court insieme ai maccheroni di Gragnano, alla mozzarella di Bufala Dop e ai limoni di Sorrento (solo per citare alcune eccellenze locali).

In quanto a varietà e ricette peculiari, nel suo piccolo a livello regionale, anche la cucina aversana può dire la sua.

Nonostante ciò l’estero in cucina penetra in maniera sempre più rilevante e influenza le abitudini culinarie dei corregionali. Si chiama glocalizzazione ed è il fenomeno che vede l’apertura ai gusti etnici, un percorso fatto di contaminazioni e inclusione.

Non è un caso che negli ultimi anni proliferino ristoranti giapponesi, peruviani, cinesi e messicani mentre in cucina la routine alimentare degli italiani e non solo degli aversani inizia ad includere regolarmente ricette esotiche come il chili con carne, i nachos con salsa guacamole e formaggio fuso, halloumi fritto e alette di pollo alla cajun.

Questo fenomeno favorisce tuttavia anche la cucina italiana all’estero che spadroneggia con le tante pizzerie e ristoranti originali ovvero non “italian sounding” (la cucina nostrana è la più imitata nel mondo), che diventano in qualche modo ambasciatori e simbolo della Penisola al di fuori dei confini nazionali. Nel frattempo soprattutto i più giovani avrebbero bisogno di riscoprire un po’ di sano amor patrio e coltivare, almeno davanti ai fornelli, quell’attaccamento alla sapienza avita che deriva anche dalla scelta di ingredienti semplici e genuini nella costruzione di ricette salutari ma soprattutto indimenticabili per le papille gustative.

Ci si chiede infatti come sia possibili per un panino prodotto da qualsiasi fast food rivaleggiare al palato con un piatto di vermicelli o maccheroni con la pummarola o al più ricco scarpariello, un toccasana del buonumore e una manna per stomaci brontolanti che oltre ad essere una soluzione ideale per limitare il budget della spesa in famiglia è anche un intramontabile classico delle tavole degli Aversani.

Viene da chiedersi come anche la più elaborata zuppa di noodle possa riuscire anche solo lontanamente a rivaleggiare con pasta e calosciure, pasta e patane o pasta e friarelli.

Anche il wok più gustoso dovrebbe inchinarsi alla minuzzaglia ammiscata cu’ ‘e fasule e cotiche o ad una ricca mozzarella in carrozza che nella sua semplicità esalta il prodotto caseario bandiera del savoir faire aversano.

Si potrebbe andare avanti all’infinito e citare ad esempio i secondi cavallo di battaglia di questo spicchio di Campania magari in contrapposizione ad altre tentazioni esterofile volando con la fantasia sulle ali di braciole al sugo, polpette di San Paolo, stentenielli e soffritto di frattaglie di maiale.

Delizie che potrebbero tranquillamente essere seguite da altre golosità presenti nel menu dei dessert tipici del territorio come la polacca, il sanguinaccio, la pietra di San Girolamo, roccocò e susamielli natalizi e la pastiera aversana.

In tempi di crisi bisogna del resto aggrapparsi alle poche certezze che restano e senz’altro questa Italia che fatica a trovare slancio potrebbe proprio ripartire dalle ricchezze della propria tavola e dall’abbondanza della propria terra che non ha mai mancato di regalare prodotti unici che il resto del mondo ci invidia.

 

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