Sanità, SMI: “Regioni vogliono cancellare medicina territoriale”

“Il Consiglio Nazionale del Sindacato Medici Italiani, riunito questo fine settimana per varare il percorso congressuale che porterà il prossimo anno al rinnovo delle cariche statutarie, boccia senza appello il documento presentato dalle regioni che tratta le ipotesi di modifiche del rapporto di lavoro tra Servizio Sanitario Nazionale e Medici di Medicina Generale, alla luce dei finanziamenti previsti dal PNRR”. Così una nota stampa dell’assise del SMI.

“Per quel che riguarda le proposte di committenza e di accreditamento a player privati per l’assistenza a determinati bacini di utenza, riteniamo che esse siano da respingere perché questo, significherebbe l’esternalizzazione delle cure primarie e la cessione a terzi di un pezzo di sanità pubblica, uno degli asset strategici del nostro paese. Così si mette a rischio la coesione sociale”, continua il SMI. “Siamo in presenza anche di una campagna mediatica denigratoria, senza precedenti verso la categoria che serve solo a distrarre l’attenzione dei cittadini dal reale problema: la mancanza di medici e lo smantellamento del Sistema Pubblico di cure. La pandemia avrebbe dovuto produrre profonde revisioni di un modello di sistema sanitario come quello di alcune regioni del Nord (dimostratosi fallimentare nella lotta al Covid) che ha, di fatto, cancellato la rete dei servizi territoriali pubblici, affidando l’erogazione delle prestazioni domiciliari ad agenzie private e instaurato in campo ospedaliero una concorrenza tra settore pubblico e settore privato, fortemente squilibrata a favore del secondo. Ribadiamo per queste ragioni il nostro incondizionato sostegno a favore di un servizio sanitario pubblico, equo ed accessibile”.

“Il Sindacato Medici Italiani ha da tempo presentato le sue proposte a partire dalla necessità di istituire la scuola di specializzazione in medicina generale risolvendo l’imbuto formativo per consentire ai giovani medici l’immissione nella professione. Abbiamo proposto, altresì ,di modificare l’art. 8 delle legge 502/1992 per permettere l’integrazione dei medici convenzionati all’interno di strutture pubbliche (distretti ,case della salute o comunità) e passaggio a dipendenza, su base volontaria, già a ottobre 2020 presentando un emendamento nell’ambito del decreto legge 104/2020 chiedendo alle forze politiche modifiche alla legge su citata. Siamo arrivati finanche ad individuare la necessità uniformare delle aree contrattuali della medicina generale per prevedere l’estensione delle tutele, già in essere per i medici dei servizi e per gli specialisti ambulatoriali, a tutti i medici convenzionati, realizzando una dipendenza atipica”.

“Il Consiglio Nazionale del SMI, inoltre, per quanto riguarda la bozza in discussione per l’Accordo Collettivo Nazionale esprime un giudizio molto negativo e auspica la sua bocciatura in toto. Questo ACN nel suo insieme non coglie lo sforzo fatto da tutti medici durante la pandemia, non risponde alla necessità di una retribuzione migliore per rendere la professione più attrattiva e bloccare i prepensionamenti e l’esodo all’estero dei giovani medici , non investe sul capitale umano, non trova il modo di collegarsi alle ingenti risorse previste dal PNNR”. “Dal punto di vista della retribuzione, anzi, fa un passo indietro di anni eliminando il fondo di ponderazione salariale e lega, invece, le premialità alle politiche regionali: una stridente contraddizione con il fatto che si chiede ai medici in di assicurare uniformi prestazioni su tutto il territorio nazionale”. “Nei prossimi mesi ci attendono sfide molto rischiose, per questo facciamo appello a tutte le forze sindacali di categoria affinché si lavori per un’ unità di azione capace di difendere l’intera categoria medica e i cittadini, sottoposti a un attacco immotivato e senza precedenti”, conclude la nota.

(Com/Pic/Dire)

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