Covid, Crisanti: “potevamo bloccare pandemia sul nascere. Classe politica non è stata all’altezza”

Previsioni per il prossimo futuro non se ne sente di fare, ma Andrea Crisanti, professore di microbiologia presso l’Università degli Studi di Padova, prestigioso curriculum accademico e volto noto della pandemia ancora in corso, ha una certezza: ”Se ripenso ai tanti passaggi – dice – che si sono succeduti dall’inizio, da febbraio del 2020 ad oggi, emerge chiaramente che avevamo la possibilità di fermare e di bloccare l’epidemia sul nascere e non l’abbiamo fatto. Si potevano prendere misure più efficaci e più tempestive, questo è sicuro”. Lo dice a Giffoni intervenendo nell’ambito della sezione IMPACT! davanti ad una platea di giovani attentissimi e partecipi.

La pandemia è stato anche un viaggio nelle emozioni. E Giffoni che è il luogo delle emozioni gli dà la possibilità di farlo. Emerge così il profilo dell’uomo ancor prima che dell’accademico: “Se devo individuare un momento veramente cruciale – ha raccontato Crisanti – è stato quando abbiamo avuto la notizia dei primi casi in Veneto. Ricordo che stavo per andare ad un congresso in Australia. Tutto quello che avevo imparato nella mia vita scientifica, tutte le esperienze maturate nel controllo delle malattie improvvisamente si sono come fuse insieme. È stato un momento di una creatività esplosiva. Ricordo che il 15 marzo, quindi a poche settimane dai primi casi, abbiamo realizzato degli studi che poi sono serviti per capire la dinamica di trasmissione dell’epidemia e sono stati utilizzati come paradigma per numerosi Paesi, purtroppo non in Italia, per contrastare il contagio. Abbiamo mobilizzato tutte le risorse a disposizione ed è stato incredibile vedere la volontà, la dedizione, l’entusiasmo di contribuire e fare qualcosa di utile”. Poi il risvolto della medaglia, legato alla gestione politica della pandemia: “Tutto questo –  ha aggiunto –  si è scontrato con l’incapacità della classe politica di recepire tempestivamente questi messaggi. Questo è stato molto frustrante. Ho avuto modo di constatare come in centri decisionali importantissimi sono state selezionate persone non adeguate. Venendo da un posto come l’Inghilterra, mi è sembrato di sbarcare su Marte. Abbiamo assistito a decisioni prese per piccoli interessi di parte, senza avere minimamente a riferimento il bene comune. Il 3 febbraio 2020, venti giorni prima dei primi casi, l’Università di Padova aveva messo a disposizione degli studenti che venivano dalla Cina la possibilità del test ed abbiamo iniziato a testare alcune persone. La notizia è stata recepita dalla comunità cinese che aveva chiesto di essere interamente monitorata. Questa cosa è trapelata sui giornali e la Regione Veneto ce l’ha impedito. Alla luce di quello che è accaduto dopo, con la scoperta degli asintomatici, con la presenza di persone infette individuate sugli aerei, questa cosa avrebbe potuto cambiare il corso dell’epidemia. Questa è stata la prima occasione persa”.

Ne sono seguite altre: “La seconda occasione persa – continua Crisanti – c’è stata quando abbiamo scoperto che  nel piccolo comune di Vo’ Eugeneo c’era il 3% di infetti. Nessuno ha capito la gravità di questa circostanza. Ci siamo sgolati in ogni modo ma siamo rimasti inascoltati perché quelli erano i giorni in cui la classe politica tendeva a minimizzare. Erano i giorni in cui Milano e Bergamo dovevano ripartire. Quelli per me sono stati i giorni della follia dell’Italia. Devo dire che il sindaco Gori è stato l’unico ad avere avuto l’onestà di dire che la sua valutazione è stata sbagliata. A Bergamo sono morte settemila persone. Ogni volta che penso alla sfilata dei camion dell’esercito non possono fare a meno di commuovermi”.

Spesso Crisanti è stato criticato perché autore di previsioni troppo nefaste, spesso ha avuto però ragione: “Non mi piace mai citarmi – spiega –  e non uso mai l’espressione “l’avevo già detto”. Ho sempre parlato con realismo e sulla base dell’analisi della situazione. Il resto sono manipolazioni portate avanti da parte di chi non è in grado di analizzare i dati ed allora banalizza. Il terrorismo lo fanno tutti coloro che hanno consentito la diffusione del contagio. Tutte le volte che i politici si sono piegati ad interessi di parte con posizioni demagogiche si sono resi colpevoli della diffusione del virus. Aggiungo anche che, alla luce di quello che hanno dichiarato i titolari dei bar e dei ristoranti, in questo caso si è persa anche una buona occasione per punire gli evasori fiscali”.

Ora siamo in estate che sembra essere la stagione più difficile per il contagio. E che preannuncia nuove chiusure e nuove limitazioni. Cosa non abbiamo imparato dallo scorso anno? “Sbagliamo – ha detto –  nel non comprendere qual è il valore delle misure di restrizione, il cosiddetto lockdown che è uno strumento estremo, che danneggia l’economia e fa una violenza inaccettabile sulla vita delle persone. A cosa serve? Serve per guadagnare tempo. Il lockdown non porterà i contagi a zero, ma quando ne esci hai pochi casi e hai messo in piedi una rete formidabile per bloccare qualsiasi inizio di trasmissione. Il primo lockdown è stato emblematico in questo senso perché poi non è stato fatto più niente e ci siamo trovati di fronte a mesi letteralmente buttati. Ad agosto dello scorso anno ho scritto al Governo dicendo che le cose non andavano per niente bene e poi ci siamo ritrovati di fronte alla seconda ondata, quella che da ottobre a gennaio ha fatto ottantamila morti. A fine anno è arrivata l’arma della salvezza e di nuovo non si è fatto niente con la speranza che il vaccino da solo potesse risolvere tutto. Ecco questa è quella che definisco una posizione da analfabeti di sanità pubblica. Il fatto è che dopo diciotto mesi ci sono politici che sono rimasti analfabeti e prendono decisioni che impattano sulla vita di ciascuno di noi”.

Oggi ci si affida al green pass. È sufficiente?  “Il green pass – spiega il professore Crisanti – non è uno strumento di sanità pubblica, è uno strumento di agibilità sociale. Oppure può essere un’arma di persuasione per vaccinarsi. Ma non c’è alcuno studio che dice che il green pass possa avere un impatto sulla trasmissione del contagio. Oltre che con le varianti vediamo come anche i vaccinati si infettano. Il fatto che l’introduzione del green pass porti ad un incremento nella vaccinazione è a mio avviso deprimente perché significa che una persona decide di vaccinarsi per andare al ristorante e non perché lo percepisca come un imperativo morale per se stesso, per la famiglia, per la comunità”.

Importante è che a vaccinarsi siano adesso i giovani. Giffoni è il posto giusto per dirlo: “Mi auguro – ha continuato – che i giovani decidano di vaccinarsi non per uscire con gli amici ma per senso civico. Dai 12 anni in su la competenza resta dei genitori e mi auguro che capiscano quanto è importante perché se l’immunità di gregge è un miraggio, non ci avviciniamo nemmeno se non si vaccinano i ragazzi”.

Come convincere chi non vuole vaccinarsi, resta un tema. “Credo che i no vax – ha spiegato – siano una minoranza in Italia.  C’è chi non si vaccina per ragioni religiose e su questo c’è poco da fare. C’è chi ha pregiudizi ideologici e questi sono i veri no vax. Poi c’è la fetta più grande che è costituita da quelli che hanno paura, che pensano molto ai possibili effetti collaterali perché ci sono in giro troppe notizie confuse. Io ho detto, e credo che fosse una posizione di buon senso, che ci si vaccina con i dati alla mano. Mi pareva una cosa lineare, ma sono passato per un no vax. Questo dà la misura di come il dibattito che c’è stato su questo argomento in Italia sia stato caratterizzato da assoluto provincialismo”.

La comunicazione non ha aiutato in questo senso, Crisanti ne è convinto: “Non ho social – aggiunge – perché i social sono polarizzanti. Ci sono quelli a cui piaci e quelli a cui non piaci ed è una reazione umana quella di cercare di accontentare quelli a cui piaci e di blandire quelli a cui non piaci e questo atteggiamento spesso porta a cambiare il messaggio, a condizionarlo. Non ho social proprio perché non voglio contaminare il mio pensiero. Questo fatto mi ha aiutato tantissimo perché sono passato attraverso tutte le polemiche senza entrarci mai dentro. Non ho vissuto questa esperienza in questo senso, come occasione di visibilità. Sono rimasto quello ero”.

Che autunno ci aspetta? Le dinamiche di contagio non sembrano rassicuranti: “Previsioni non ne voglio fare – così conclude il professor Crisanti – perché non vorrei azzeccarci un’altra volta come dice Crozza. Un’analisi la posso fare. Ci sono cose che possiamo controllare e cose al di là del nostro controllo ed è il rapporto reciproco tra questi fattori che determinerà la possibilità o meno di una nuova ondata. Un fattore che possiamo controllare è quello relativo alla vaccinazione. È necessario vaccinarci perché il vaccino dà una protezione. Non controlliamo, invece, la durata della protezione che nessuno conosce. Abbiamo dati di persone anziane che si sono vaccinate a gennaio e che si infettano e stanno anche molto male. Non bisogna generalizzare ma è un campanello d’allarme. E poi non controlliamo la generazione di varianti resistenti al vaccino. Cosa possiamo fare? Limitare la trasmissione del virus perché così si riduce il rischio di varianti e poi controllare gli afflussi, gli ingressi. Sul tracciamento, però, non si sta facendo più nulla. Su questo, ripeto, il green pass non serve, soprattutto se lo si dà anche a chi ha fatto solo una prima dose a conferma che queste decisioni vengono spesso assunte da chi non ha adeguate conoscenze scientifiche per farlo, un altro grave caso di analfabetismo”. 

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