La Storia di Aversa. Un’urna Romana a Piazza Vittorio Emanuele

Non mi stancherò mai di dire come ad Aversa le notizie storiche e culturali passino in secondo piano in favore di più frivoli argomenti cittadini.

Ed ecco come la notizia del ritrovamento di una antica urna cineraria romana del primo secolo dopo Cristo, rinvenuta nella chiesa di Santa Maria della Pietà (Cappella dell’Angelo) passa praticamente non in secondo ma in ventesimo piano.

Correva l’anno 2012 quando gli amici della Confraternita della chiesa pocanzi citata, mi invitarono per un servizio giornalistico per la riapertura a seguito della ristrutturazione dell’immobile e dell’antica cripta sotterranea dei condannati a morte. La chiesa è nota perchè i condannati venivano rinchiusi all’interno delle prigioni del Castello di Savignano, all’epoca utilizzato sopratutto quale tribunale (da lì il nome dell’omonima via). Il giorno dell’esecuzione venivano portati a confessarsi nella chiesa e poi impiccati nel “largo di mercato vecchio” che è l’attuale piazza Vittorio Emanuele, posta fuori dalle mura cittadine.

Come ci descrive scrupolosamente la Professoressa Giosi Amirante, le mura non arrivavano fino alla chiesa come molti credono ma passavano all’interno degli immobili che attualmente creano l’isolato tra la piazza, Via Roma, Via Garibaldi e Via Cavour. La porta era posta all’altezza dell’incrocio tra Via Vittorio Emanuele (vico degli Stagnari) e Via Roma dove appunto c’è l’antica lapide. Dunque è da escludersi che la chiesa in questione fosse stata adagiata sulle mura della città come invece è accaduta per altre chiese cittadine.

Nell’occasione mi fu mostrato quello che a prima vista sembrava un antico lavabo. In realtà era un’urna cineraria di epoca romana che durante il Medioevo era stata riutilizzata come lavandino. Contrariamente a quando viene detto e scritto anche su libri “ufficiali”.

L’urna cineraria non venne ritrovata nella cripta all’interno della chiesa ma abbandonata e malmessa sotto una vecchia scala. Di questo ne ho certezza assoluta in quando mi trovai sul posto qualche giorno dopo il ritrovamento e quando ancora si cercava di capire cosa fosse.

Avevo visto e fotografato l’urna nel settembre 2012, oggi dopo nove anni l’ho ritrovata fotografata e correttamente archiviata nell’inventario dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aversa dove appare pulita e sistemata.

Lo storico Franco Pezzella ne ha fatto un esame storico molto accurato. L’antico oggetto è stato appunto rinvenuto nella chiesa di Santa Maria della Pietà, altrimenti conosciuta come cappella dell’Angelo Custode o, “cappell e M’bis” (cappella dell’impiccato) all’angolo tra via Tribunali e  piazza Vittorio Emanuele. Databile al I secolo d.C., in età Flavia.

L’antico manufatto si prefigura per la presenza di un foro circolare con acclusa canalina di deflusso in stagno nella parte inferiore non pertinente, dopo essere stato reimpiegato come serbatoio per un sottostante lavabo liturgico. Difficile ipotizzare il luogo di provenienza dell’urna che, verosimilmente, potrebbe essere materiale di spoglio proveniente dall’antica Atella da Pozzuoli o da Capua. Questo genere di monumento funerario era molto diffuso a Roma e nelle altre città dell’impero. Scolpita in un unico blocco di marmo, l’urna, ancorché molto deteriorata, presenta ancora, agli angoli del fronte, due putti reggighirlanda abbastanza ben conservati, mentre la tabella che riportava il nome del defunto appare completamente abrasa e il bordo superiore presenta frammentarie tracce di una linea di guida per l’incasso del coperchio.

I putti reggighirlanda, una sorta di «spiriti che volano nell’aria sotto forma di fanciulli nudi, portando ghirlande variate di frutti», come scrive Ristoro d’Arezzo nel suo celebre Libro della composizione del mondo (1282), erano un motivo tipico delle sculture funerarie romane che si impose dall’epoca giulio-claudia sino all’età Adrianea. Numerose sono, infatti, le urne cinerarie di quell’epoca, il cui luogo di produzione è generalmente riconosciuto in Roma e ad Ostia, che presentano la stessa tipologia iconografica.

di Stefano Montone

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