La Storia di Aversa. “Dint’ ‘o burro ‘stacchere e palle'”, ma che sono?

Aversa, come tante realtà nostrane, è costituita da borghi e sobborghi, i quali, nel corso dei secoli, sono andati a formare tanti micro universi cittadini.

Singolare è decisamente la zona del borgo che si trova tra la Porta San Giovanni e il Complesso di San Lorenzo, un’area che in dialetto diventa: ”’o burro”, luogo un tempo popolato da quelli che esercitavano l’antico mestiere dei ”rampignani” ovvero coloro che raccoglievano la gramigna, una pianta erbacea che invadeva i nostri campi, la quale, il più delle volte, una volta estirpata dal terreno era riutilizzata per il foraggio animale.

Ma il borgo di Aversa non è solamente una zona cittadina, è una realtà unica, gli stessi abitanti avvertono una forzata distanza che intercorre tra loro ed il resto della città. I ”buresi”, quindi,  pur vivendo nella stessa Aversa, non si sentono aversani, questo distacco culturale è dovuto all’isolamento ”extra moenia civitatis” (fuori le mura della città) che il ”burro” ha vissuto per secoli. Un’identità culturale diversa, ha portato, inoltre, a tradizioni proprie, è da ricordare la famosissima processione in onore delle Madonna della Libera che ogni anno raccoglie un nutrito numero di fedeli. Le marcature dialetti, però, sono il segno tangibile di quella diversità popolare, che investe sopratutto la cucina partenopea, la quale si è arricchita nei secoli grazie all’influsso delle differenti culture, che si sono susseguite durante le varie dominazioni.

Importantissimo è stato l’apporto della fantasia e della creatività del popolo nella varietà di ricette oggi presenti nella cultura culinaria locale. Tutto è un repertorio di piatti, ingredienti e preparazioni che caratterizzano particolarità inconfondibili. Tra le tante ricette caratteristiche aversane, c’è n’è una in particolare molto sentita dai buresi:

“Stacchere e palle”, un’espressione  che rimanda ai più famosi “ziti col ragù” dove gli “staccheri” stanno per la pasta, mentre le “palle” non sono nient’altro che semplici polpette di carne. Proprio queste ultime, risultano immancabili sulle tavole degli aversani, sopratutto il giorno di San Paolo, quando le ”palle” diventano più tonde in onore del santo.

Il forestiero che passa per queste vie, specialmente di domenica, tra i fumi dei carciofi arrostiti, udirà senz’altro: “oggi è dummeneca, ce magnammo stacchere e palle!”.

Luigi Cipullo

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