Aversa. La storia di Frank, nigeriano con l’amore per l’Italia

Molti aversani hanno avuto modo di conoscerlo fuori alla Pasticceria Mungiguerra, dove lui ormai si è stabilito nell’attesa di un lavoro migliore.
Il suo nome è Frank, ha 24 anni ed è nato e cresciuto nella città di Benin, in Nigeria. Ho avuto modo di fargli alcune domande per rendermi io stesso conto di cosa si passa da quelle parti. Voglio dire che io non sono a favore dell’immigrazione sregolata, e penso che chi sbagli e abbia sbagliato deve assolutamente pagare, perchè sulla vita di essere umani non si deve assolutamente porre scopo lucrativo come sta avvenendo da tempo a questa parte.
Frank, molti ti conoscono perchè sei sempre fuori al bar per raccimolare qualcosina, ma non conoscono la tua storia, ce la vuoi raccontare?
Assolutamente. Mi chiamo Frank, ho 24 anni e sono nato e cresciuto nella città nigeriana di Benin, capitale dello Stato di Edo. Ho avuto modo di frequentare la scuola media dove mi sono formato e ho imparato la lingua inglese che è una delle due lingue ufficiali nel mio paese. La seconda è l’hausa che parlavamo maggiormente in famiglia, mentre nei luoghi ufficiali si ricorreva maggiormente all’inglese. Posso dire di essere stato fortunato perchè ho vissuto per 20 anni in un paese che mi ha insegnato due lingue.
Ma veniamo al dunque Frank, perchè hai deciso di lasciare la tua terra madre, come stanno facendo e hanno fatto molti tuoi connazionali?
Tutti devono sapere che prima di ogni forma di guerra o terrorismo, in Nigeria c’è tanta corruzione e povertà. Ti faccio un esempio, se io e un uomo facciamo un incidente stradale, la polizia darà ragione a priori a colui che ha maggiore disponibilità economica, in poche parole il più ricco la fa da padrone. E’ un paese dove non vi è acqua pulita, il cibo scarseggia e soprattutto è uno dei paesi più poveri del mondo. Basti pensare che lo stipendio medio è di un dollaro e cinquanta al giorno. Io ho avuto problemi che non posso raccontare pubblicamente, ma quando hai un problem in Nigeria devi andare via. Non dico che i miei connazionali non ci stiano marciando sopra, ma nella maggiore delle ipotesi è questa la motivazione che spinge noi a lasciare il nostro paese.

Dove ti sei recato prima di sbarcare in Italia?
Ho lavorato per quasi un anno in Libia. In Libia sono stato abbastanza bene fin quando non è stato ucciso Gheddafi. Ho lavorato in un negozio per oltre dieci mesi e mi pagavano abbastanza bene, ma anche in questo paese quando hai un problema con qualcuno è meglio andare via.

Come sei arrivato in Italia?
Come arrivano tutti i miei connazionali. Sono arrivato due anni fa a Lampedusa e dal centro di prima accoglienza sono stato portato a Napoli. Ho deciso di stabilirmi a Villa Literno e di “lavorare” ad Aversa.
Cosa pensi di coloro che sostengono che l’immigrazione sregolata è un male per la società?
Io vengo da un paese molto povero, ho voglia di lavorare seriamente e di aiutare l’economia del paese. Se io avessi oggi stesso la possibilità di lavorare regolarmente io lo farei. La colpa è dei governi che hanno interesse a mantenere questa situazione di stallo. Ci fanno su campagne politiche.
Il tuo obiettivo è quindi trovare un lavoro a regola e retribuito?
Assolutamente si. Lo dico anche a tutti i miei connazionali: “dobbiamo lavorare”. L’Italia mi sta dando tanto, amo le vostre città, le vostre donne e soprattutto le persone italiane. Capisco che loro siano stanchi di questa situazione. Personalmente voglio ottenere un lavoro così che nessuno possa avere niente da dirmi in futuro. Il mio futuro è l’Italia.
Davide Simeone
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Redazione

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