Caserta. L’appello dei lavoratori del Bacino di Crisi: “Confindustria se ci sei, batti un colpo”

La nostra cara Confindustria si presenta impacciata come sempre sulla tematica del lavoro. Gli industriali procedono come automi verso un futuro che non c’è, come loro unica difesa contro la fame voyeuristica del mondo, la propria dignità e mani ingombre di scatoloni di cartone. Era il quindici settembre del 2008 e quella fu l’immagine simbolo del “Chapter 11”: la procedura di “fallimento pilotato” prevista dalla legge americana invocata dalla Lehman Brothers, società statunitense attiva nei servizi finanziari a livello globale. Uomini e donne, inarrivabili manager di successo sino a ventiquattro ore prima, si ritrovarono licenziati da un giorno all’altro, accomunati dalla medesima nemesi: vittime di uno tsunami economico e finanziario destinato di lì a breve ad invadere l’intera società globalizzata. Son passati dieci mesi da allora, e quella tempesta che a taluni sembrò lontanissima e ben circoscritta agli eccessi dell’economia americana, continua ancora a ripercuotersi sull’economie locali. «I danni prodotti dalla crisi sono enormi: l’attività economica mondiale diminuisce ancora». Confindustria risulta essere assente su tutto».

La situazione precipita, specie se raffrontiamo i dati con quelli che riguardano maggiormente la provincia di Terra di Lavoro. Infatti secondo gli accurati calcoli del centro studi di Confindustria, in Italia, avuto riguardo al 2009, il Prodotto Interno Lordo si ridurrà del 4,9% mentre l’economia dovrebbe tornare a crescere – secondo l’indicatore prescelto dal capitalismo internazionale, il Pil appunto – dello 0,7% solo nel 2010. Tutto questo senza tener conto del debito pubblico, che crescerà dal 105,7% del Pil nel 2008 al 114,7% nel 2009, fino poi a raggiungere il 117,5% nel 2010. Un crollo verticale della ricchezza nazionale che non può non ripercuotersi anche sull’occupazione: sempre secondo Confindustria, infatti, il tasso di disoccupazione passerà dall’8,6% previsto per quest’anno al 9,3% nel 2010, racconti che per noi del Bacino di Crisi – Caserta sono favole.

Nella medesima direzione anche il parere del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, il quale afferma che «non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica. L’attesa generale per i prossimi mesi è di riduzione di occupazione e di reddito accompagnate dal permanere di volatilità sui mercati finanziari con riflessi negativi sui consumi e sugli investimenti». Ma chi sono le vittime principali della crisi? «Soprattutto le imprese piccole – taglia corto il Governatore per poi specificare – quelle sotto i 20 addetti. Nella sola manifatturiera se ne contano in tutto quasi 500.000, con poco meno di due milioni di occupati». Ancora peggiore, poi, la situazione per le piccole imprese sub-fornitrici delle maggiori: per queste infatti «i tagli degli ordinativi e le dilazioni nei pagamenti ne mettono a rischio la stessa sopravvivenza». Purtroppo in Terra di Lavoro, provincia di Caserta: secondo un’indagine di Confindustria Caserta, elaborata sulla scorta di un campione rappresentativo di 200 aziende, la capacità produttiva delle imprese locali ha subito una totale diminuzione dal 15 al 37%, insomma stiamo assistendo alla morte della nostra economia. Emblematica la morte di aziende nostrane come la Morteo Containers di Sessa Aurunca, che ha deciso addirittura di rinunciare agli ammortizzatori sociali in quanto, secondo i vertici dell’azienda, sarebbe impossibile garantire la prosecuzione dell’attività «pena l’incorrerere in più gravi e traumatiche conseguenze sotto il profilo finanziario». Ecco quindi la procedura di mobilità per 88 operai su di un totale di 98. Dura ovviamente la reazione dal mondo dei sindacati e della politica.

«Malgrado le iniziative messe in atto dalle istituzioni, prima dal Ministero dello Sviluppo poi dalla stessa Confindustria – hanno affermato lavoratori del Bacino di Crisi – Caserta – ci troviamo per la prima volta dinanzi al caso di un imprenditore che licenzia anche in presenza di una certa copertura finanziaria offerta dalla cassa integrazione». Ugualmente duro il commento dei lavoratori. Ancora, come se non bastasse, ecco arrivare la rescissione del contratto di appalto tra la Seconda Università di Napoli e la Immobilgi Federici Stirling, che ha recato con sé un taglio di circa 200 posti di lavoro. Discorso simile anche per le imprese della Mirabella Spa e della Editellana, le quali hanno già attivato ammortizzatori sociali per un totale di 400 edili. Ma per rendere meglio l’idea dell’entità della crisi sarà bene procedere ad un raffronto: al 31 dicembre del 2007 in tutta Terra di Lavoro si contavano oltre 300 mila ore di Cigo (Cassa integrazione guadagni ordinaria), di cui 90 mila nell’industria e circa 240 mila nell’edilizia; attualmente il totale ammonta a circa 400 mila. Uno scenario fosco quello descritto sinora, che non impedisce però nuovi investimenti. La Novamont, azienda leader nel settore della bioplastica con sede a Terni, si dice disposta ad investire nell’ambito di un contratto di programma con la Regione Campania nell’area dell’ex 3M di San Marco Evangelista.

«Abbiamo presentato una domanda (tra quelle presentate figura anche la partecipazione del consorzio Socratis, ndr) se l’iter proseguirà secondo le previsioni, i lavori potrebbero già partire entro la fine dell’anno – ad affermarlo con forza è Alessandro Ferlito direttore commerciale di Novamont, che poi aggiunge – entro 18-24 mesi ci sarà l’entrata in funzione delle linee». Un progetto importante quello della Novamont, che prevede l’esborso di 50 milioni di euro e l’assunzione, a regime, di circa 76 addetti ripescati tra i cassintegrati della Ixfin (ex Texas), Finmek, 3M, Costelmar e che vede l’adesione anche di diversi sindacati. «Una volta approvati i progetti industriali per la riqualificazione dell’area, provvederemo subito a definire i piani di formazione necessari per preparare le maestranze al nuovo tipo di lavorazione», chiosava Carmine Crisci, segretario provinciale della Cisl di Caserta, ma poi tutto finito in una bolla di sapone, con i mancati accordi non rispettati . Toni ugualmente ottimistici quelli provenienti dal mondo dell’artigianato; stando ai dati diffusi dalla Commissione provinciale per l’artigianato di Caserta, nel 2008, a fronte della costituzione di 1195 nuove imprese artigiane si sono registrate solo 1144 cancellazioni. «Un dato senz’altro positivo che diventa ancora più rilevante in una situazione economica di crisi e di recessione che è sotto gli occhi di tutti».

Ad affermarlo è Nicola Chianese, presidente della Commissione, che aggiunge: «Un fattore che tengo a sottolineare è il considerevole numero di cooperative iscritte alla Commissione lo scorso anno e che rappresenta un elemento più che positivo perché, considerando che ogni cooperativa mediamente occupa una decina di addetti, è semplice dedurre quanto l’impresa artigiana contribuisca, in termini numerici, alla creazione di nuovi posti di lavoro». Una visione talmente idilliaca dell’attuale temperie che porta Chianese a concludere: «Tutto ciò non può che portare ad una duplice valutazione, di tipo economico per l’innegabile contributo che queste imprese danno al Pil provinciale, e di tipo sociologico, in quanto i dati rilevati dimostrano che i cittadini di Terra di Lavoro, nonostante le difficoltà oggettive, hanno ancora spirito imprenditoriale e investono sempre più su se stessi». Entusiasmi che però non sembrano toccare più di tanto chi è alla ricerca di un lavoro o peggio ancora ne aveva uno ma l’ha perso. L’economia italiana, e non sono quella, è oggi in crisi. Questa notizia giunge come grido d’allarme perché ne parlino tutti i giorni i diversi telegiornali e giornali. In casa e qualche volta a scuola se ne discute e dove ognuno esprime le proprie opinioni. Avvertiamo la difficoltà della situazione anche perchè a volte siamo costretti a rinunciare a qualcosa. La crisi economica colpisce in diverso modo tutti noi del Bacino di Crisi – Caserta anche se alcuni di questi ne soffrono maggiormente rispetto ad altri. Soprattutto nelle città dove vi sono molte fabbriche, si stanno verificando tanti licenziamenti e così gente, che prima aveva un lavoro adesso si trova ad essere disoccupata improvvisamente.

Terra di Lavoro ha sempre conosciuto in un modo molto grave questo problema. Migliaia e migliaia sono i disoccupati e spesso ci organizziamo, promuovendo delle manifestazioni per chiedere un lavoro agli amministratori locali e governativi. Non è facile per le famiglie comprendere le ragioni di un così difficile problema, ma certamente ne possiamo vedere le conseguenze sulla popolazione che ci circonda e sulla vita che conduciamo. Qualche figlio che ha il papà, o la mamma disoccupato si nota subito: egli ha difficoltà a stare insieme ai compagni, perchè, non potendo avere determinate cose di cui i ragazzi si vantano (i jeans di gran marca ad esempio), si sente inferiore. Questo, secondo noi, non è affatto giusto tutti noi cerchiamo sempre di fare in modo che intorno alle nostre famiglie nessuno possa sentirsi emarginato. La disoccupazione costringe le persone a cercare di procurarsi del denaro per vivere in tutti i modi possibili. Spesso i disoccupati si adattano a svolgere delle attività cosiddette di lavoro nero, cioè non dichiarate e per questo anche poco pagate. Assistiamo a volte anche a vere e proprie forme di sfruttamento. Nel meridione, poi, si assiste ancora oggi a quel doloroso e drammatico fenomeno del “lavoro nero” minorile: tanti bambini e ragazzi, vengono costretti dai genitori ad assentarsi dalla scuola dell’obbligo per svolgere dei lavori che non offrono nessuna garanzia e nessuna sicurezza. A poco valgono le iniziative della scuola o delle forze dell’ordine di fronte a questa piaga sociale: fanciulli anche molto piccoli vengono utilizzati come garzoni nelle officine e nei negozi. Altri giovani, purtroppo, non avendo alcuna possibilità di lavorare onestamente, o forse perchè abbagliati dalla prospettiva di un guadagno veloce e facile, si dedicano a compiere azioni criminose per conto della malavita organizzata, soprattutto rapine e spaccio di droga. La disoccupazione è un problema diffuso anche in altri paesi dell’Europa e del mondo e deve essere combattuta dai governanti con una azione politica appropriata e giusta, oltre che internazionalmente concertata, che rispetti tutti i ceti delle società. Purtroppo noi crediamo invece che a volte le scelte politiche non siano molto giuste e la disoccupazione aumenti sempre anche per questo. Non fa molto piacere rivedere dei giovani, anche con il diploma o addirittura la laurea, che si adattano a fare lavori umili e malpagati. Dispiace ancora di più vedere delle famiglie in cui il papà e la mamma non hanno un lavoro e quindi non sanno come andare avanti. Forse il governo, insieme a Confindustria potrebbe far pagare più tasse a coloro che guadagnano di più e colpire quelli che non le pagano affatto. In un Paese civile come il nostro non dovrebbero esistere delle grandi disparità tra i cittadini come invece in realtà vi sono. Il problema della disoccupazione si potrebbe risolvere, almeno in parte, con un più giusta distribuzione della ricchezza. Purtroppo questa è una meta difficile da raggiungere e le previsioni che gli esperti fanno per il futuro sono abbastanza negative perchè prevedono un aggravarsi del problema lavoro. << Siamo spettatori delle carenze croniche del sistema economico nazionale si sono aggiunte quelle tipiche della nostra terra: scarsa lungimiranza degli imprenditori ed un’assenza totale da parte della politica». Come vediamo il domani dei nostri figli? «Lontanissimo da qui, questa terra non ha più nulla da offrire». A fare da triste corollario alle nostre dichiarazioni il rapporto Istat sulla povertà diffuso nell’aprile di quest’anno. Il 4% dell’intera popolazione, ossia due milioni e mezzo di persone, vive in Italia in condizione di povertà assoluta; fanalino di coda ancora una volta il Sud e le Isole, dove l’incidenza di povertà assoluta pari al 5,8% risulta essere quasi il doppio rispetto a quella del Centro (2,9%) e del Nord (3,5%). Meno di 700 euro al mese. È tale il budget mensile a disposizione delle nuove famiglie povere di Terra di Lavoro. Anticipo di futuro o pallido residuo di un passato che stenta ancora ad andar via?

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