Il commento di Rosa Criscuolo: diamo voce ai suicidi del malati di cancro

L’associazione Luca Coscioni recita questo slogan “dal corpo del malato al cuore della politica” che in realtà ne riassume il metodo ovverosia di mettere al centro delle questioni della politica ciò che accade nella vita di tutti i giorni . Forse non tutti sono a conoscenza del programma politico di Luca che ad inizio secolo coglie l’occasione di essere eletto nel Comitato di coordinamento nazionale con una lista antiproibizionista sulla scienza fino a diventare successivamente presidente del Comitato. Un anno dopo si candida alle elezioni politiche e porta all’attenzione argomenti destinati al silenzio del dibattito pubblico grazie ai radicali. La sua candidatura raccoglie il consenso e l’appoggio di cinquanta premi Nobel e di oltre cinquecento scienziati e ricercatori di tutto il mondo. La sua sclerosi laterale amiotrofica si evolve in poco tempo e le sue condizioni fisiche peggiorano. Pannella gli telefona di notte per convincerlo a sottoporsi all’intervento ma il suo dubbio , come si evince dal racconto dei suoi cari , dunque non era il vivere attaccato a una macchina ma era se vivere o no attaccato ad una macchina. Il prosieguo della storia e’ di dominio pubblico perché i radicali hanno tenuto ferma nel pugno l’ asticella della bandiera per la battaglia del diritto di scegliere secondo cui la volontà della persona va in ogni caso rispettata e tutelata anche nel percorso del morire. E’ di questi giorni la notizia dell’ intervento della decisione della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. (istigazione o aiuto al suicidio) sollevata dalla Corte di Assise di Milano nel procedimento penale a carico di Marco Cappato per il suicidio assistito di Fabiano Antoniani (detto DJ Fabo). La Consulta ha ritenuto “non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”. Le critiche secondo cui i giudici si sarebbero sostituiti ad un legislatore inerte in un contesto politico in cui i partiti hanno preferito voltarsi dall’altra parte senza cogliere l’occasione di approfittare dei nove mesi concessi dalla Corte alle Commissioni preposte, senza considerare che erano trascorsi ben sei anni di deposito del disegno di legge, e la CEI in ultima istanza ha parlato di diritto di vivere a tutti i costi come se si trattasse di una tortura umana in nome di Dio , non hanno prevalso. Forse saranno felici gli ammalati di cancro che rappresentano delle vittime mute di questo vulnus legislativo. Una donna della provincia di Napoli di appena 50 anni si e’ suicidata con la sua parrucca e i suoi drenaggi probabilmente colta dalla disperazione. E’ accaduto ieri nella stazione di Casoria-Afragola sul convoglio che proveniva da Villa Literno ed era diretto a Napoli. La donna e’ morta dissanguata dopo che il treno le ha tranciato una gamba. In Italia queste notizie non sono portate all’attenzione del dibattito pubblico mentre negli Stati Uniti uno studio riferisce che anche se il cancro è una delle principali cause di morte negli Stati Uniti, la maggior parte dei malati di cancro non muore di cancro. I pazienti di solito muoiono per altre cause. Ci sono molteplici fattori di rischio e uno di questi è il suicidio: angoscia e depressione possono derivare da diagnosi di cancro, dai trattamenti, da difficoltà finanziarie e altre cause. In definitiva, angoscia e depressione possono portare al suicidio. Questo e’ quanto affermano gli autori dello studio pubblicato su Nature Communications (https://www.nature.com/articles/s41467-018-08170-1). I ricercatori hanno osservato che il rischio di suicidio è associato al tipo di tumore e all’età della diagnosi. Tra i pazienti che hanno avuto una diagnosi prima dei 50 anni, il maggior numero di suicidi si verifica tra pazienti colpiti da leucemie e linfomi. Al contrario, tra i pazienti con diagnosi in età superiore ai 50, il maggior numero di casi si verifica in pazienti con diagnosi di carcinoma della prostata, del polmone e del colon-retto.In generale i pazienti più a rischio di togliersi la vita sono gli adulti maschi non sposati over 50 con tumori alla prostata, polmoni, colon-retto e vescica. I casi di suicidio di malati di cancro sono in aumento anche in Italia e avvengono in silenzio, spesso riportate in modo sintetico su giornali locali come nel caso di questa signora della provincia di Napoli. Probabilmente le questioni psicologiche ed economiche scoraggiano il paziente ad affrontare la malattia che spesso si ritrova da solo senza il sostegno di parenti od amici. Prevenire il suicidio si può attraverso un lavoro di assistenza in questo senso ma garantire al malato un percorso di morte che rispetti la libertà di decidere e’ compito del legislatore che quest’ anno e’ obbligato a mettersi al lavoro grazie ai radicali e alla Consulta.

di Rosa Criscuolo

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