Incontri, webcam, sesso virtuale: il dossier su 50 preti gay di Francesco Mangiacapra

Francesco Mangiacapra, l’ex-avvocato napoletano diventato gigolò e passato alle cronache per aver denunciato pubblicamente le tristi vicende sessuali di alcuni sacerdoti, torna a far tremare la curia e lo fa questa volta svelando i nomi e i vizi di oltre cinquanta preti gay del mezzogiorno. Mangiacapra è in possesso di un dossier di 1300 pagine contenente nomi, cognomi, telefoni, contatti, fatti e soprattutto prove: un vero e proprio dossier in cui “scheda” oltre cinquanta tra sacerdoti e seminaristi viziosi. Il dossier è ovviamente indirizzato alla curia affinché prenda provvedimenti urgenti sulla condotta di questi prelati, come lo stesso Mangiacapra spiega nell’introduzione del dattiloscritto: “Redigo questo catalogo di mele marce non con l’intento di gettare fango sulla Chiesa ma con quello di contribuire a estirparne il marcio che contaminerebbe tutto quanto c’è di integro. Al solito i presuli si svegliano solo quando si montano i casi mass-mediatici: l’atteggiamento di quei vescovi già informati e che ancora non hanno preso provvedimenti è omertoso perché un vescovo, informato con dovizia di particolari su un sacerdote soggetto alla sua giurisdizione, si muove con premura e affetto e non interviene con forza solo quando scoppia uno scandalo.”

Con le prove contenute nelle 1300 pagine, l’escort intende dimostrare che la condotta sessuale di questi preti è abituale, reiterata e – in molti casi – tollerata dai vertici della Chiesa. Ma soprattutto svela, attraverso le dichiarazioni di alcuni di loro, che esiste una lobby di preti gay che si frequenta, che si presta mutuo soccorso e che organizza orge e festini tra preti e non solo.

Nel dossier sono elencanti i religiosi finiti nel peccato e selezionati per aree dal sito gaynews:

1 appartiene alla diocesi di Acerra, 1 alla diocesi di Acireale, 2 appartengono alla diocesi di Amalfi-Cava, 2 alla diocesi di Aversa, 2 alla diocesi di Bari, 1 alla diocesi di Catania, 1 alla diocesi di Ischia, 2 alla diocesi di Cosenza-Bisignano, 1 alla diocesi di Isernia, 1 alla diocesi di Manfredonia-San Giovanni Rotondo, 1 alla diocesi di Messina, 1 alla diocesi di Molfetta, 2 alla diocesi di Napoli, 1 alla diocesi di Nardò-Gallipoli, 2 alla diocesi di Nocera-Sarno, 1 alla diocesi di Noto, 1 alla diocesi di Oppido Mamertina, 1 alla diocesi di Piazza Armerina, 1 alla diocesi di Pozzuoli, 1 alla diocesi di Palermo, 3 alla diocesi di Roma, 2 alla diocesi di Salerno, 1 alla diocesi di Teano-Calvi, 7 alla diocesi di Teggiano-Policastro, 1 alla diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, 4 alla diocesi di Tursi-Lagonegro, 1 alla diocesi di Tricarico, 1 alla diocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado nonché 1 dell’Ordinariato Militare.

Di questi 42 sono diocesani7 appartengono a istituti religiosi mentre i seminaristi sono in tutto 9.

Francesco Mangiacapra non è nuovo a rivelazioni simili: si era già guadagnato credibilità segnalando e provando la condotta di don Luca Morini, soprannominato “Don Euro” per le incessanti richieste di denaro ai propri fedeli basate su reati dei quali il prete sarà chiamato a rispondere all’udienza preliminare del prossimo 8 marzo. E proprio ieri sera Le Iene hanno mandato in onda il terzo di una serie di servizi, partiti proprio da una segnalazione di Mangiacapra, che negli stessi servizi raccontava i vizi del prete attualmente rinviato a giudizio. Poche settimane fa ancora Mangiacapra aveva anche sollevato lo scandalo di don Crescenzo Abbate, protagonista di un video hard a tinte omosessuali.

Mangiacapra aveva reso note in un libro queste condotte mesi prima che i rispettivi vescovi li sospendessero. L’ex avvocato è attualmente impegnato nel giro di presentazioni del suo libro “Il Numero Uno. Confessioni di un marchettaro”, edito da Iacobelli, volume in cui ripercorre la sua storia di avvocato che ha scelto di diventare gigolò, preferendo vendere il corpo piuttosto che svendere il cervello, diventando amante di numerosi sacerdoti. Un testo politico, quello di un prostituto politico: così lo ha definito il sociologo e storico francese Frédéric Martel.

E sul dossier diretto alla curia, chiarisce: “Il fine non è far del male alle persone menzionate ma aiutarle a comprendere che la loro doppia vita, per quanto apparentemente comoda, non è utile a loro né a tutte le persone per cui esse dovrebbero rappresentare una guida e un esempio da seguire. Il comportamento di questi prelati è, in molti casi, frutto dell’impunità a cui gli stessi vertici della Chiesa li hanno abituati: quella ingiusta tolleranza che alimenta l’idea di poter continuare a separare ciò che si esercita da ciò che si esprime, come è tipico di chi ha una doppia morale schizofrenica. Con troppa sicurezza questi sacerdoti sono abituati a contare su quella discrezione di cui da tempo beneficiano, e che ingiustamente consente loro di spogliarsi occasionalmente della tonaca a uso e consumo dei propri vizi.”

Agli scettici che si interrogano sul perché sia proprio un gigolò per preti a volersi dare la zappa sui piedi violando la segretezza del proprio delicato ruolo, risponde: “Qui non si tratta di fare moralismi ma di portare alla luce realtà non consentanee agli obblighi assunti di chi il moralismo lo fa quotidianamente dai pergami alle aule di catechismo. L’insulto morale che ricevo da questi preti è un capovolgimento di ruoli tra il peccatore che denuncia l’immoralità e la guida morale che la commette che sfiora il paradosso e che dà una sola certezza: le pietre sul colpevole non le può lanciare nessuno ma solo perché la Chiesa fa in modo di farle sparire tutte”.

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