Attentato Londra, madre del terrorista italo-marocchino: “Così mio figlio ha scelto l’odio”

Il silenzio circonda la villetta dove vive Valeria Collina, 68 anni, la madre di Youssef Zaghba, il terzo attentatore di Londra morto durante l’attacco terroristico del 3 giugno. Con la casa in una stradina residenziale della frazione Fagnano di Valsamoggia assediata dai media internazionali, la donna per tutto il giorno non ha risposto alla porta. Forse chiusa nel suo appartamento, forse altrove. Convertita all’Islam, sposata ad un marocchino con cui ha avuto due figli, Youssef e la sorella Khaoutar che vive a Bologna, la donna è tornata a risiedere in Italia da meno di due anni, mentre il marito da cui si è separata, così raccontano i vicini, è nel paese del Nord Africa, a Fes, dove è nato anche Youssef. Gli ultimi giorni sono stati di angoscia per lei, fino a quando la Digos le ha detto che il figlio 22enne, con cui non riusciva a mettersi in contatto da alcuni giorni, era morto.

“Mi ha chiamato al telefono giovedì scorso, nel primo pomeriggio – ha raccontato in un’intervista esclusiva all’Espresso online – e con il senno di poi mi rendo conto che quella nei suoi piani era la telefonata di addio. Pur non avendomi detto niente di particolare, lo sentivo dalla sua voce”. “Già il giorno dopo non rispondeva più” e anche i tentativi di rintracciarlo attraverso un suo amico a Londra vanno a vuoto. La madre ha sempre collaborato con gli inquirenti, fin da quando, a marzo 2016, la chiamarono perché avevano fermato Youssef all’aeroporto, con un biglietto di sola andata per Istanbul, il passaporto e un semplice zainetto. Implorò gli inquirenti: non fatelo partire.

“In passato, ancora prima che cercasse di prendere quel volo – ha raccontato nell’intervista la donna – mi mostrò qualche video sulla Siria. Ma non mi parlò mai di andare a combattere. Per lui la Siria era un luogo dove si poteva vivere secondo un islam puro”. Ieri è stata di nuovo sentita dagli investigatori e non avrebbe fornito informazioni particolari. Non sapeva molto di quello che faceva Youssef in Inghilterra, pensava che lavorasse regolarmente.

“Abbiamo sempre controllato le amicizie e verificato che non si affidasse a persone sbagliate”, ha detto. Ma a Londra, in quel quartiere che “non mi ha mai trasmesso serenità” “ha frequentato le persone sbagliate”. “Aveva però internet ed è da lì che arriva tutto. Né in Italia né in Marocco, dove studiava informatica all’Università di Fes, si era mai lasciato trascinare da qualcuno”. Molto religiosa, gira con il velo sul capo, secondo qualche vicino “sempre tutta coperta”. Ma condivide la posizione degli Imam che non vogliono celebrare il funerale del figlio: “E’ necessario – ha detto – dare un forte segnale politico, un messaggio ai familiari delle vittime e ai non musulmani”.

A Fagnano Youssef è tornato due volte nell’ultimo anno e mezzo. “L’ho sempre visto come un bravo ragazzo, che parlava poco. Però, poi, con le persone bisogna starci in mezzo”, ha detto Franca Lambertini, zia della madre, residente nella casa di fronte. “L’unico membro della famiglia che ha vissuto qui è la madre che era conosciuta, ma da diverso tempo non si vedeva in giro – ha confermato il sindaco di Valsamoggia, Daniele Ruscigno -. Anche lei ha vissuto diverso tempo all’estero”. Secondo fonti diplomatiche Youssef risultava tecnicamente iscritto all’Anagrafe italiani residenti all’estero a Casablanca, in Marocco, fino al marzo 2016. Poi risulta rientrato a Fagnano, mentre a Londra, dove pure pare abbia vissuto negli ultimi mesi, non si sarebbe mai registrato. Sul campanello della casa di Valsamoggia, invece, c’è il suo nome.

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